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Marco Aurelio.

Imperatore e filosofo romano. Nato da un'illustre famiglia di origine spagnola, alla morte del padre fu adottato dall'avo paterno Marco Annio Vero. Compì a Roma studi vasti e approfonditi, sotto la guida di Erode Attico, Giunio Rustico e Frontone, e fu particolarmente attratto dalla filosofia, orientandosi verso la dottrina stoica. Fin dall'infanzia M.A. ebbe la protezione dell'imperatore Adriano che, morendo, impose all'erede Antonino Pio, zio di M.A., di adottarlo, insieme a Lucio Vero. Divenuto imperatore, Antonino Pio lo associò a sé nell'Impero, prendendolo come collega nel consolato e attribuendogli la potestas tribunicia e l'imperium proconsulare. Durante il Regno di Antonino, il futuro sovrano non ebbe incarichi di governo, ma si dedicò alla propria formazione politica e all'approfondimento della filosofia stoica. Alla morte di Antonino Pio (7 marzo 161), fu nominato suo unico successore dal Senato, ma con molta prudenza e accortezza associò al governo Lucio Vero, figlio del console adottato da Adriano come suo successore e a sua volta adottato da Antonino Pio; i due governarono in pieno accordo fino alla morte di Lucio Vero nel 169. In politica interna, pur mantenendo buoni rapporti con il Senato e affidando ad esso anche questioni che sarebbero state di competenza dell'imperatore, M.A. riprese la riforma amministrativa avviata da Adriano, accrebbe l'importanza del consilium principis e intensificò la burocratizzazione dell'amministrazione imperiale. Tentò inoltre, senza molto successo, di riformare il sistema fiscale per sanare la crisi finanziaria provocata dalle continue guerre. In campo internazionale impegnò l'Impero a respingere l'invasione dei Parti (161-66) e inviò una spedizione contro i Germani per ampliare i confini nella regione danubiana, ma il tentativo fallì in seguito a un'epidemia di peste. Nel 170 Quadi e Marcomanni travolsero le difese romane, giungendo a invadere l'Italia settentrionale e solo a costo di durissimi sforzi vennero respinti (171-72). L'imperatore non poté consolidare la vittoria per la ribellione di Avidio Cassio, comandante delle legioni d'Oriente (175), che poi fu ucciso dai suoi stessi uomini. Rinunciando al sistema della successione per adozione, nel 177 associò al potere il figlio Commodo. Ripreso il conflitto con i Germani, ottenne considerevoli successi, ma l'esercito fu decimato dalla peste di cui egli stesso rimase vittima. La sua morte impedì che si cogliessero i frutti della vittoria. Un importante documento della concezione filosofica dell'imperatore sono i Colloqui con se stesso (o Ricordi). L'opera, scritta in greco, risulta composta di 12 libri e costituisce una sorta di diario morale, un documento della concezione del mondo di M.A., che richiama per molti versi quella di Seneca e di Epitteto. Il perpetuo flusso delle cose viene visto come motivo della dissoluzione che inevitabilmente cancella ogni realtà. Questa constatazione provoca una profonda angoscia nell'uomo, impotente di fronte alla morte. Le riflessioni pessimistiche e scettiche del filosofo si alternano a momenti nei quali si fa strada una profonda compassione per le sofferenze degli uomini e una fede nella provvidenza divina (Roma 121 - Vindobona o Sirmio 180).